sabato 27 febbraio 2016

Minestra trovata per il Calendario del Cibo Italiano



Oggi per il Calendario del Cibo Italiano AIFB è la giornata del pancotto e dell'acqua cotta.
Nell'articolo della nostra ambasciatrice Tamara Giorgetti storia, notizie e tradizioni  e fantastiche ricette. Tamara è toscana, ci spegherà tutto su questi meravigliosi piatti della tradizione contadina.
Oggi infatti si celebrano le nostre origini.
Un tempo il cibo era scarso e prezioso, non si buttava nulla, ogni cosa  andava conservata e consumata con attenzione.
Un pò di pane raffermo, secco, con pochi aromi e tanta cura poteva acquistare nuova vita e trasformarsi in un piatto confortevole, sostanzioso e, perché no, a suo modo prelibato.
L'uso di riciclare il pane, rifacendolo, tipico della tradizione contadina, risale probabilmente al medioevo ed era diffuso in tutta l'Italia, ovviamente con varianti regionali, legate, fondamentalmente, al tipo di pane utilizzato, al procedimento di cottura e alle artomatizzazioni,  "pancotti" se ne trovano in Lombardia, Toscana, Lazio, Puglia, Calabria ...
Il mio è un "pancotto campano" tipico della tradizione contadina dei Monti Lattari.
La ricetta è antichissima ... un cibo di altri tempi …. da cuocere sul focolare lentamente, girando e rigirando, tra un racconto e l'altro …
Un tempo la verdura si cercava cioè si cucinava quello che si trovava, ciò che offrivano i campi secondo la stagionalità, …. da qui la denominazione di minestra trovata.
Tarassaco, borragine, cicorietta, portulacca, finocchietto selvatico, qualche cimetta di ortica e … tante altre erbe di cui non so il nome e che, purtroppo, io non riesco a distinguere ma  mia zia,  per fortuna, ancora  si :-)
Ecco quello che ci hanno offerto i campi a metà febbraio, principalmente tarassaco, cicorietta e finocchietto selvatico, questo abbiamo trovato e questo ho cucinato ...


una ciotolina di erbette lessate in acqua salata e ben strizzate
una ciotolina di fagioli lessi
2 biscotti di grano duro (o integrali) di Agerola
qualche cucchiao di sugna
aglio
peperoncino

In una capiente padella dal fondo spesso sciogliere la sugna (volendo un piatto più leggero olio e sugna, più pesante, proprio invernale, sugna e cicoli) a fuoco medio, unire l'aglio e il peperoncino a pezzetti e lasciarli soffiggere lentamente, aggiugere le erbette, lasciandole insaporire dolcemente nella sugna, quindi i fagioli lessi con un po' del loro sughetto di cottura e continuare la cottura a fuoco basso coperto per circa 20 minuti. Nel frattempo bagnare leggermente i biscotti. Dopo una decina di minuti di riposo si saranno gonfiati e ammorbiditi così da poterli ridurre in grosse briciole, attenzione non devono ammollarsi troppo. Eliminare l'aglio, unire i biscotti, salare, Continuare la cottura a fuoco basso, coperto, per almeno mezz'ora girando di tanto in tanto. Al termine la minestra risulterà dorata e dolcemente rosolata.

Per il post mi sono documentata qui e qui

http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/

venerdì 26 febbraio 2016

Verdure invernali per l'Italia nel Piatto

Ripubblico per il contest della mia amica Carla Emilia alcune ricette realizzate con verdure invernali.
Con questo post partecipo per la Campania all'Italia nel Piatto, ecco i piatti che ho cucinato ....

Pasta e cavolfiori




250 g. di pasta di Gragnano mista
½ cavolfiore precedentemente lessato
aglio
olio
pecorino e parmigiano a pezzetti
pecorino e parmigiano grattugiato
In una capiente pentola soffriggere l'aglio in qualche giro di olio, unire i cavolfiori e lasciarli dolcemente insaporire nel soffritto per qualche minuto.
Quando i cavolfiori saranno ben amalgamati unire 4 mestoli di acqua bollente, salare, coprire, lasciare cuocere a fuoco moderato per circa 20 minuti.
Al termine eliminare l'aglio, unire la pasta, cuocere a fuoco lento, coperto, mescolando spesso e unendo, se necessario, ancora acqua bollente, la pasta a fine cottura dovrà risultare ancora piuttosto liquida, ma non troppo, “scivolosa”, perché tenderà, poi, deliziosamente ad addensarsi.
Quasi al termine unire i pezzetti di formaggio, mescolare, a fine cottura completare con il formaggio grattugiato, lasciare riposare qualche minuto e servire.
Buon appetito, con questo freddo una bella pasta e cavolfiori è proprio quello che ci vuole!


Verza e patate

 



1 cavolo verza medio
2 patate grandi
100 g. prosciutto crudo in un unico pezzo (meglio se del gambetto)
aglio
olio
peperoncino
sale
Lavare e mondare il cavolo, ridurre le foglie a striscioline eliminando la parte più dura e bianca.
Sbucciare le patate e tagliarle a tocchetti.
Soffriggere l'aglio e il peperoncino in qualche giro di olio, unire il prosciutto ridotto in pezzi non troppo piccoli, lasciare rosolare delicatamente per qualche minuto quindi unire la verza, coprire.
Continuare la cottura a fuoco moderato per 15 – 20 minuti per dare il tempo alla verdura il tempo di ammorbidirsi. Unire le patate, salare, continuare la cottura ancora per una mezz'ora, aggiungendo se necessario, acqua bollente, le patate devono cuocersi ma non disfarsi.
Al termine la zuppa deve risultare non troppo liquida ma piuttosto densa e umida.
Regolare di sale e servire.
 

Riso fagioli e verza 

 


250 g. di riso
200 g. di fagioli canari precedentemente ammollati e lessati
1/2 verza media
qualche pezzo di cotenna di prosciutto crudo
aglio
olio
sale
Lavare e mondare il cavolo, ridurre le foglie a striscioline eliminando la parte più dura e bianca.
Lavare e tagliuzzare grossolanamente la cotenna.
Soffriggere l'aglio in qualche giro di olio, unire la verza, coprire e lasciare dolcemente insaporire per qualche minuto, aggiungere i fagioli con un po' del loro sugo di cottura e la cotenna, salare, Cuocere coperto a fuoco medio per circa mezz'ora, la verza dovrà cuocersi ma non disfarsi.
Unire il riso e continuare la cottura aggiungendo se necessario acqua bollente. Regolare di sale.
Al termine la zuppa deve risultare piuttosto densa anche se ancora umida.

mercoledì 24 febbraio 2016

La genovese



Si può descrivere un'emozione, dissertare sulle radici di un sentimento, analizzare le origini di una passione?
Impossibile, i sentimenti si sentono, si vivono, si trasmettono, non si spiegano.
Che sia arrivata a Napoli da Ginevra insieme a un Monzù, o da Genova a bordo di una nave, o che ci sia sempre stata, la genovese resta un moto dell'anima, la sublimazione della napoletanità.
Non si spiega, si assapora.
Con questo post partecipo alla Giornata Nazionale della Genovese del Calendario del Cibo Italiano AIFB di cui è ambasciatrice Sandra Vallifuoco, il cui articolo possiamo trovare qui.

1 kg. di lacerto (girello)
100 g. di sugna
½ dl. di olio extravergine di oliva
½ kg. di cipolle
50 g. di pancetta
1 carota media
1 costa di sedano
¼ l. di brodo
1 bicchiere di vino bianco secco
sale
pepe

300 g. di ziti di Gragnano
Legare (o farsi legare dal macellaio) il lacerto. In una capiente pentola sciogliere la sugna a fuoco medio, unire l'olio, rosolare il lacerto rigirandolo spesso in modo che possa sigillarsi in ogni sua parte.
Tritare finemente, anche col mixer, le cipolle, la carota, il sedano e la pancetta, unire il trito alla carne in cottura e lasciarlo delicatamente appassire a fuoco lento per qualche minuto, quindi allungare con il brodo caldo, salare e pepare. Cuocere a fuoco bassissimo, coperto, per 2 – 3 ore. Quando il brodo sarà asciugato unire poco alla volta il vino bianco, continuare la cottura fino ad ottenere un sugo color caramello chiaro, denso, corposo ed insieme evanescente.
Mettere da parte la carne con un po' di sugo, servirà per il secondo :-)
Spezzare gli ziti, cuocerli in abbondante acqua salata per 12 minuti (il tempo di cottura consigliato per i miei), scolarli, condirli la genovese nella quale,volendo, avremo spezzettato un po' di carne del lacerto.

Per la ricetta, Anna e Piero Serra “la cucina della Campania”. 

Questa la ricetta tradizionale, io però di solito la genovese la faccio più light, con molto meno grassi, usando però al posto del girello il biancocostato che è un pò più grasso ma più saporito, oppure con la ricetta di nonna con carne macinata (spesso mista) e al posto del vino bianco del vermouth.

http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/ 

Per questo post mi sono documentata qui, qui e qui.

Ziti ripieni su finta genovese per il Calendario del Cibo Italiano


La cucina napoletana conosce oltre alla genovese classica, ricca e sontuosa, una genovese "poverella", finta, senza carne, percalla portata di tutti. 
Una genovese con la carne fuiuta :-) 
Un inganno per il palato? assolutamente no, la finzione è solo nel nome, questo sugo, di straordinaria prelibatezza e corposità nonostante la poverà degli ingredienti, olio e cipolle, ha probabilmente origini più antiche della genovese che conosciamo ora, forse ne è l'embrione.
Una traccia  ne è ricetta numero 66 del "Liber de coquina" intitolata "de tria ianuensis" che  descrive un sugo con cui condire i progenitori dei maccheroni, i "tria",  costituito da appunto olio cipolle e un pò d'acqua, da completare con formaggio grattugiato, il caseum, che immagino tanto vicino al pecorino che sulla finta genovese ci stà d'incanto.
L'alchimia si era già realizzata, bastava aggiungere carne, avendone disponibilità, e il gioco era fatto! 
Questa che vi presento è una gustosissima rivitazione della finta genovese, gli ingredienti, i sapori,  sono di stessi, olio, cipolle e formaggio, ma ricostruiti, interpretati, in chiave diversa.
Con questo post partecipo alla Giornata Nazionale della Genovese del Calendario del Cibo Italiano AIFB, ambasciatrice Sandra Vallifuoco, qui il suo articolo che io corro a leggere!

300 g. di ziti
300 g. di mozzarella
300 g. di ricotta
20 – 30 g. di pecorino grattugiato
pepe
4 cipolle bianche
½ bicchiere di vino bianco
olio evo
sale

per completare
pecorino e parmigiano grattugiati
fiocchetti di burro

Pulire le cipolle, affettarle sottilmente, sciacquarle in abbondante acqua fredda, scolarle.
In una capiente padella far appassire in 3 – 4 giri di olio le cipolle, cuocendole a lungo a fuoco medio – basso, coperto. Attenzione, le cipolle non devono soffriggere, ma disfarsi in un delicato sughetto. Al termine, passare il sughetto con il frullatore ad immersione.
Con un coltello praticare sugli ziti delle incisioni equidistanti in modo da ottenere tanti pezzi di uguale grandezza. Spezzare gli ziti, le incisioni ci aiuteranno ad ottenere un taglio regolare.

Cuocere gli ziti in abbondante acqua salata per 12 minuti, scolare, trasferirli su una spianatoia a raffreddare.
Nel mixer frullare la ricotta e la mozzarella, aromatizzare con il pecorino, regolare di sale e pepe. Assaggiare, nel ripieno il pecorino non deve prevalere ma solo esaltare il sapore degli altri formaggi.
Trasferire il ripieno in un sac à poche. Imbottire gli ziti con il ripieno.
Sistemare gli ziti in un solo strato in una teglia protetta da carta forno e cosparsa leggermente con fiocchetti di burro. Spolverare leggermente con un mix pecorino e parmigiano grattugiati cospargere di fiocchetti di burro.
Cuocere a 180° in forno ventilato già a temperatura per 20 – 30 minuti o, comunque fino a doratura.
Riscaldare la finta genovese, se necessario, versarne qualche cucchiaio sul fondo del piatto e, sulla genovese, sistemare gli ziti ripieni.
Servire.
La ricetta, per la verità, prevedeva il completamento del piatto con una leggera colata di fonduta di provolone del monaco che, però, non avevo a disposizione …. se volete provare ….. :-) 
 
http://www.aifb.it/calendario-del-cibo/


La ricetta è dello chef Giacomo De Simone.

lunedì 22 febbraio 2016

Stoccafisso e patate per la settimana della cucina della penitenza




Strano che quella che noi chiamiamo cucina di magro o di precetto, finalizzata alla purificazione l'anima attraverso l'astinenza dalla carne, si sostanzi, nell'esperienza della cucina italiana, in una molteplicità di piatti e preparazioni che poco hanno a che vedere con il digiuno e la mortificazione dei sensi.
Quasi una reazione al divieto, tra l'altro ricadente con il periodo più duro e rigido dell'inverno, dove, alla scarsità dei mezzi della maggior parte della popolazione si associava al riduzione delle risorse stesse.
L'obbligo di astensione dalla carne indusse a ripiegare su diverse tipologie di alimenti ed ad affinare le tecniche culinarie per ottenere piatti nutrienti, saporiti e gratificanti.
Se è vietato consumare carne, le proteine si cercano altrove, nelle uova, nei legumi, nei formaggi o nei pesci.
Pesci freschi, costosi, riservati ai ricchi e ai prelati, e serviti fritti, doveva essere proprio un sacrificio consumare la frittura di pesce :-)
Pesci conservati, secchi o in salamoia, più a buon mercato, per gli altri che dovevano trovare un modo per farseli piacere.
Così la cucina di precetto getto le basi per la grande fortuna in Italia, tra l'altro, dello stoccafisso.
Lo stocvisch, merluzzo norvegese essiccato ai venti freddi, detto “pesce bastone” fu introdotto nell'Italia meridionale già Normanni che, evidentemente, ne facevano uso ma solo successivamente, nel 1500, in coincidenza con i divieti, incontrò il gradimento popolare che ne favorì la diffusione.
Nacquero così grandi piatti della cucina italiana come il baccalà alla vicentina, lo stoccafisso all'anconitana, il campano stocco e patate e tanti altri …
Approfondimenti, storia e tradizioni della Cucina della Penitenza potete trovarli nell'articolo delle nostre ambasciatrici Susanna Canetti e Alessandra Gennaro nella pagina dedicata del Calendario del Cibo Italiano AIFB.


600 g. di stoccafisso, il mussillo o la più economica ventresca
4 patate
una decina di pomodorini datterini
1 cipolla
sale
olio
origano


Pelare le patate tagliarle a fette spesse.
Affettare sottilmente le cipolle.
Tagliuzzare grossolanamente i pomodorini.
Sul fondo di un capiente tegame sistemare l'olio e le cipolle, sulle cipolle adagiare le patate e i pomodorini e, su tutto lo stoccafisso con la pelle rivolta sotto, appoggiata alle patate. Salare, spolverare di origano, aggiungere l'acqua necessaria a coprire le patate ma non il pesce. Cuocere a fuoco moderato, coperto per circa un'ora, mescolando delicatamente di tanto in tanto, aggiungendo, se necessario, dell'acqua bollente.
Al termine il pesce e le patate dovranno essere cotti ma non disfatti accompagnati da un sughetto denso che diventerà quasi cremoso raffreddandosi.
Nulla vieta di iniziare la preparazione con un soffritto, come descritto in alcuni libri di cucina napoletana, cosa che, penso, dovrebbe appesantire il piatto che, già di per sé non è tra i più digeribili pur essendo infinitamente buono.

Stoccafisso e baccalà nella tradizione gastronomica italiana qui e ancora qui e qui.
A titolo esemplificativo, ricche ricette di strettissimo magro si possono leggere qui.

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sabato 20 febbraio 2016

Pollo all'arancia e gamberoni in agrodolce per l'Abbecedario culinario mondiale



In famiglia siamo appassionati di cucina cinese, così, approfittando della tappa dell'Abbecedario, per allestire un bel pranzetto cinese,la tentazione era irresistibile :-) Ecco, dopo la zuppa come è continuato …
Con questo post partecipo all'Abbecedario culinario mondiale che, per la Cina è ospitato dal blog Un'arbanella di basilico.

Pollo all'arancia, jī yǔ chéngsè 鸡与橙色

300 g. di petto di pollo
1 radice di zenzero fresco
4 cipolline novelle
il succo di 1 arancia
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaio di aceto
1 cucchiaino di zucchero
sale
semi di sesamo
olio di arachidi

Tagliare il pollo a bocconcini piuttosto piccoli, passarli nella farina.
Affettare le cipolline e, separatamente, lo zenzero.
Scaldare l'olio nel wok, unire i bocconcini di pollo e friggerli fino quando saranno dorati. Toglierli con un mestolo forato, mettere da parte.
Buttare tutto l'olio meno un cucchiaio, scaldarlo, unire le cipolline, lasciarle insaporire dolcemente per qualche minuto, quindi unire il succo delle arance filtrato, lo zenzero, l'aceto, la salsa di soia, lo zucchero e un pizzico di sale.
Continuare la cottura ancora per qualche minuto fino a che la salsa sarà ristretta, unire i bocconcini di pollo, lasciare insaporire.
Spolverare con semi di sesamo e decorare cipolline a fettine.


Gamberoni in agrodolce, táng cù dà xiā 糖醋大虾

225 g. di gamberoni
1 albume
1 cucchiaio di farina
una cipollina tritata
2 fette di radice di zenzero
olio di arachidi

per la salsa
2 cucchiai di zucchero
1 cucchiaio di vino di riso (o sherry secco)
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaio di aceto
2 cucchiai di farina
2 cucchiai di brodo di base per zuppe

Lavare e sgusciare i gamberoni.
Sbattere l'albume con la farina, immergervi i gamberi rigirandoli più volte.
Scaldare l'olio nel wok, unire i gamberi e friggerli fino quando saranno dorati.
Toglierli con un mestolo forato, mettere da parte.
Buttare tutto l'olio meno un cucchiaio, scaldarlo, aggiungere lo zenzero, la cipolla, lo zucchero. il vino, la salsa di soia e l'aceto, mescolare bene. Quando lo zucchero sarà sciolto rimettere i gamberoni nel recipiente e legare tutto con la farina sciolta nel brodo. Mescolare tutto e servire quando la salsa sarà densa.

Per accompagnare i due piatti

riso bollito, mǐfàn 米饭
250 g. di riso a grana lunga
4, 5 dl di acqua

Lavare bene il riso sotto l'acqua fredda, metterlo in una casseruola, aggiungere l'acqua, portare ad ebollizione. Mescolare spesso per evitare che il riso attacchi al fondo del recipiente. Abbassare la fiamma, coprire e lasciare cuocere per 15 minuti.
Spegnere il fuoco, lasciare riposare per 10 minuti quindi sgranare il riso con 2 forchette. Servire.

L'Abbecedario Culinario Mondiale!

Per la ricetta dei gamberoni e del riso da accompagnamento “La cucina cinese”, Edigramma, non è indicato l'autore.
Per il pollo all'arancia ho preso spunto qui.


mercoledì 17 febbraio 2016

La zuppa inglese napoletana



Qualche volta i dolci nascono per caso, da un errore, da una distrazione …
Una piccola deviazione dai soliti percorsi può portare a scoperte straordinarie!
Questo è il caso della zuppa inglese che, forse, nasce da un ruzzolone, una caduta rovinosa di un cameriere, e con lui, del dolce preparato per i festeggiamenti riservati, da re Ferdinando I, all'ammiraglio Nelson.
Il cuoco di corte, dovendo rimediare all'ultimo momento un dessert per il pranzo regale e, non possedendo nessuno dei congegni moderni che ci consentono di impastare, cuocere e raffreddare in pochissimo tempo, dovette ripiegare su quello che c'era in dispensa biscotti, crema, forse marmellata e, chissà, delle meringhe o una naspratura fatta al momento ….
Tutto sistemato come solo un monzù napoletano poteva fare in una bella zuppiera di porcellana di capodimonte, il dolce da solo non si teneva, che passò ai camerieri ordinando sbrigativamente di … portare la zuppa all'Inglese :-)
Così è nata la zuppa inglese?
Forse, mi piace crederlo, immaginarlo, raccontarlo ….
Nell'articolo che la nostra ambasciatrice Rita Mezzini ha preparato per la Giornata Nazionale della Zuppa Inglese, che troviamo nella pagina dedicata delCalendario del Cibo Italiano scopriremo certamente qualcosa di più sulle origini di questo dolce e sulle sue variazioni.
Per me la zuppa inglese è una sola … lei, fresca, umida, alcolica e zuccherina, troneggiava, sontuosa, in un luccicante vassoio, ricca, fastosa, barocca, sul tavolo addobbato a festa, petali di morbido pan di spagna intrisi di rum, crema pasticcera, cioccolato e amarene, e, su tutto, una nuvola dolce che si scioglie in bocca e, poi, i canditi …. un incanto …

Per il la zuppa inglese napoletana
½ pan di spagna del diametro di 28 cm
500 g. di crema pasticcera
bagna al rum
½ barattolo di amarene sciroppate sgocciolate
100 g. gocce di cioccolato fondente
meringa classica
ciliege candite
zucchero a velo

per il pan di spagna
4 uova + 2 tuorli
130 g. di zucchero
65 g. di farina
65 g. di fecola
la scorza grattugiata di un limone
Montare le uova con lo zucchero nella planetaria, gancio a frusta, per almeno 12 minuti, velocità 3 – 4, solo alla fine unire gli aromi. Incorporare a mano, con la spatola, la farina setacciata con la fecola.
Trasferire in uno stampo da pastiera (o comunque una teglia non troppo alta) di diametro 2 – 28 cm ben imburrato. Cuocere in forno statico già a temperatura a 170° per 20 – 30 minuti. Raffreddare.
Tagliare a strisce orizzontali che andranno poi divise in 2, 3 pezzi.
Per il dolce ne servirà circa la metà.

Crema pasticcera
250 g. di latte
150 g. di panna
140 g. di zucchero
40 g. di amido di mais
120 g. di tuorli (6)
1 pizzichino di sale
la buccia di 1 limone
1/3 di bacca di vaniglia

Portare ad ebollizione il latte con la panna, il pizzichino di sale, la buccia di limone e la vaniglia.
A parte in una pentola capiente montare a mano, con la frusta, i tuorli con lo zucchero, aggiungere l'amido di mais, incorporare bene.
Filtrare il liquido bollente e versarlo, sempre mescolando con la frusta, sulla montata di uova. Trasferire sul fuoco. Cuocere a fiamma bassa sempre mescolando con la frusta fino a che la crema non si addensa.
Trasferire la crema in una ciotola a temperatura ambiente, coprire con pellicola a contatto, lasciare raffreddare.
Per il dolce ho utilizzato circa 500 g di crema pasticcera. La crema rimanente potrà essere utilizzata in altre preparazioni … o consumata al momento :-)

Inzuppitura al rum
400 g. acqua
200 g. di zucchero
mezza bacca di vaniglia
100 g. rum

Far bollire l'acqua con lo zucchero per 3 minuti, unire la vaniglia. A freddo, filtrare, unire il liquore.

Meringa classica
125 g. di albume
125 g. di zucchero
250 g. di zucchero a velo

Montare l'albume nella planetaria aggiungendo lo zucchero in tre tempi.
Setacciare lo zucchero a velo.
Quando l'albume sarà ben montato, unire a spatola, delicatamente, lo zucchero a velo.

Assemblaggio
Sul fondo di capiente vassoio ovale in acciaio, o comunque adatto per il forno, (il mio era lungo, compresi i bordi, 37 cm ma impegnava solo 23 cm come base del dolce) sistemare le fette di pan di spagna, bagnarle con l'inzuppitura, ricoprire con abbondante crema pasticcera qualche amarena e una manciata di gocce di cioccolato. Continuare con la stratificazione con pan di spagna, inzuppitura, crema, amarene e cioccolato, cercando si seguire la forma del vassoio e creare, salendo con gli strati una struttura a cupola. Terminare con pan di spagna e inzuppitura.
Trasferire in frigo per qualche ora perché si assesti.
Preparare la meringa, ricoprire il dolce con volute di meringa, sistemare sulla meringa le ciliege, o, anche, altra frutta candita a fette.
In forno a 120°, valvola aperta (o spiraglio creato da uno spessore di carta alluminio ripiegata), per 3 – 4 ore, si deve biscottare ma, ovviamente, non bruciarsi.
Lasciare raffreddare a temperatura ambiente, quindi trasferire in frigo.
Al momento di servire, spolverare con zucchero a velo.

E' stata la torta di tanti nostri complenni, da bambini, negli anni '70, era la specialità di un famoso ristorante pizzeria di Vico Equense.
Il ristorante con la sua  "pizza a metro" c'è ancora, ogni tanto ci andiamo.
L'occhio corre speranzoso al fornito carrello dei dolci dove però non troneggia questa sontuosa signora, forse, ormai  âgé.
Mi è piaciuto ricordarla, in fondo ci sono affezionata ....


 Per  un approfondimento sulle sulle origini della zuppa inglese quiqui.



domenica 14 febbraio 2016

Quanti modi di fare e rifare le graffette di patate


Buongiorno! buona domenica!
Che piacere avervi qui nella mia cucina …. l'olio è sul fuoco, ho fatto scorte, inizia il nostro torneo di frittura!
Le graffette si mangiano calde calde, appena tolte dal fuoco e rigirate nello zucchero croccantino … si sciolgono in bocca …. scottano, attenzione :-)
Sapevo di averlo messo da qualche parte … dopo tanto cercare l'ho trovato, nascosto tra le pagine di un libro, ovviamente di cucina :-)
Un foglietto strappato con su annotata una ricetta, ne abbiamo tantissimi noi, non è vero? E ogni tanto li perdiamo, poi li ritroviamo :-)
Questa ricetta è di quelle che trovi per caso, tra una chiacchiera e l'altra, sul pianerottolo, nella sala d'aspetto del dentista o in fila al supermercato, e che ti annoti frettolosamente ….
Vanno avanti col passaparola, infallibili nella loro imprecisione …. sono ricette di casa :-)
Grazie alla Cuochina che ha voluto organizzare questo torneo nella mia cucina e a voi tutte che siete state mie ospiti … ne abbiamo fritto delle belle! 
E quante ne abbiamo mangiato!
Ora che vi posso offrire? un caffe, un liquorino o  .... un kefir? :-)
Quante cose impariamo, scopriamo e …. ritroviamo con la Cuochina!

½ kg. di patate lessate e schiacciate
farina q. b.
2 uova
4 cucchiai colmi di zucchero
50 g. di burro
12 g. di lievito di birra (sul foglietto è scritto molto di più ma non leggiamolo neppure)
latte tiepido q. b.
1 pizzico di sale
la scorza grattugiata di un limone

olio di arachidi per friggere

zucchero
cannella

Oggi impastiamo a mano la suocera di mia sorella, che mi ha dato la ricetta, 20 anni fa non sapeva cosa fosse un kenwood e neppure io :-)
Lessare le patate, sbucciarle e passarle nello schiacciapatate ancora calde.
Sciogliere il lievito di birra in un cucchiaio di latte tiepido.
Sulla spianatoia formare una fontana con circa 250 g. di farina, al centro sistemare le patate schiacciate, lo zucchero, le uova, la scorzetta grattugiata, unire il lievito.
Amalgamare gli ingredienti al centro unendo pian piano la farina. Una volta incorporata un po' di farina unire il pizzico di sale e continuare ad impastare aggiungendo altra farina fino ad ottenere un impasto morbido e sodo che, comunque, sarà sempre piuttosto umido quindi resistere dall'aggiungere troppa farina.
Le patate a pasta gialla che ho usato in cottura si sono mantenute piuttosto asciutte e hanno incorporato poca acqua alla fine hanno assorbito complessivamente circa 400 g. di farina.
Formare le graffette: prendere un po' d'impasto, allungarlo sulla spianatoia leggermente infarinata fino ad ottenere un cilindretto di circa 3 – 4 cm di spessore, chiudere sovrapponendo le estremità.
Con un coppapasta formare le palline.
Spolverare con farina, lievitare coperto per circa 1 ora e ½ o, comunque, fino al raddoppio.
Friggere in olio a temperatura, caldo ma non troppo per evitare che le graffette scuriscano.
Trasferire le graffette su carta assorbente, tamponarle leggermente, passarle subito nel mix di zucchero e cannella.
Queste sono anche più buone, si sciolgono letteralmente, calde calde sono cremose, l'alveolatura si forma dopo, se resistono ...



LA NOSTRA CUOCHINA

Al prossimo mese nella cucina di Marina cucineremo lo Tsoureki di nonna Andromaca

http://illaboratoriodimmskg.blogspot.gr/2015/03/tsureki-ricetta-della-nonna-andromaca.html 






venerdì 12 febbraio 2016

Zuppa di pollo e prosciutto per l'Abbecedario culinario mondiale



Eccomi in Cina.
Raggiungo la mia amica Carla Emilia con una calda zuppa, semplice e ritemprante, con questo freddo c'è ne proprio bisogno!
In Cina le zuppe si servono a fine pasto, dopo le altre portate, quasi un digestivo, noi l'abbiamo gustata all'inizio, come piacevole stuzzichino, a presto le altre portate ….
Con questo post partecipo all'Abbecedario culinario mondiale che per la Cina è ospitato dal blog Un'arbanella di basilico.

鸡汤和火腿 jītāng hé huǒtuǐ

100 g. di petto di pollo
100 g. di prosciutto cotto
6 dl di brodo per zuppe
un cucchiaio di cipolline tritate
un cucchiaino di sale

Tagliare a pezzi il pollo e il prosciutto a pezzetti piccoli.
Mettere il brodo in una casseruola, portarlo ad ebollizione, unire il prosciutto e il pollo. Lasciare bollire per circa 1 minuto.
Sistemare le cipolline e il sale in una zuppiera, versare la zuppa, servire subito.


Brodo per zuppe 高汤 gāotāng

per due litri di brodo:
1kg. e ½ di carne di pollo o di maiale
2 litri e ¾ di acqua
3 – 4 cipolline
6 fette di radice di zenzero

Sistemare in una pentola le cipolle intere e lo zenzero, aggiungere la carne e l'acqua.
Portare ad ebollizione, schiumare, abbassare la fiamma. Cuocere a fuoco basso coperto per circa 2 ore e mezza. Quindi spegnere e lasciare raffreddare. Passare in frigo per almeno tre ore, eliminare il grasso che si sarà formato in superficie. Togliere la carne.


Da “La cucina cinese”, Edigramma, non è indicato l'autore



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